# 5
E ci hai messo cinquant’anni per dirmelo?
Quando hai incominciato a frequentare il gruppo della parrocchia
ho detto: vai.
Io sono atea. Tu eri stato operato alle coronarie.
Avevi bisogno di conforto. Ho detto: vai.
Il gruppo del coro della chiesa si riunisce il giovedì e il sabato,
dalle cinque alle otto.
Ho detto: vai.
Alle otto, dopo aver cantato i salmi, vi viene fame
e andate a mangiare la pizza tutti insieme.
Ho detto: vai.
Con il gruppo della chiesa andate in pellegrinaggio
alla madonnina che piange lacrime di sangue.
Io sono atea. Il sangue mi fa impressione. Se per sbaglio mi strappo una pellicina svengo.
Figurati la madonna.
Ho detto: vai.
Sull’autobus all’andata avete mangiato
la pizza ripiena e il ciambellone rustico preparati dalla Susy.
L’avete mangiato anche al ritorno,
dopo aver visto le lacrime di sangue della madonna.
Era buonissimo.
Poi avete cantato di nuovo i salmi della chiesa
e anche alcuni successi di Gianni Morandi.
La chitarra la suonava la Susy.
Con il gruppo del coro della chiesa il martedì e il venerdì
andate a fare volontariato insieme alle suore.
Dopo l’intervento al cuore ti sentivi depresso.
Io sono atea. Ho detto: vai.
Partite a bordo del fiorino usato della Susy.
Andate la mattina e tornate la sera.
Appeso allo specchietto retrovisore del fiorino usato
c’è l’arbre magique a forma di papa Wojtyla.
A pranzo andate tutti insieme in trattoria.
Tu paghi per te e per la Susy.
Ho visto lo scontrino.
Il lunedì e il mercoledì accompagni la Susy a fare la fisioterapia.
Il mese scorso si è slogata la caviglia.
Pare che all’uscita del supermercato qualcuno
le abbia fatto lo sgambetto con la punta dell’ombrello
e una volta assicuratosi che fosse faccia a terra,
con la bocca nel rivolo di pioggia e spazzatura
che scendeva nel canale di scolo accanto al marciapiede,
se ne sia scappato.
Non doveva essere una cattiva persona quel qualcuno,
pare che abbia chiamato anche i soccorsi.
Magari non l’ha nemmeno fatto apposta.
Magari è lei che è inciampata con quelle sue gambone grasse e i piedi storti.
Spesso mi chiami alle otto e mezza, quando la cena è già in tavola,
per dirmi che ti fermi a cena da lei.
Ti dispiace? Mi hai chiesto? Tanto tu sei atea…
Io ti chiuso il telefono.
Tu mi hai richiamato. Mi hai detto:
ma scusa, è da tanto che non ci amiamo più,
non siamo mai stati veramente affini,
non sei mai stata la donna adatta a me…
E ci hai messo cinquant’anni per dirmelo?
Pensavo lo sapessi.
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